Spariscono sempre più gli artigiani dal centro: un processo di trasformazione accelerato dalla pandemia, che ha profondamente mutato il volto della parte storica di Roma. Tra il gennaio 2020 e il febbraio 2022, a pagare i costi della pandemia sono stati soprattutto il settore del commercio di vicinato e la manifattura, ovvero lavorazione del legno, del ferro, della pelle e quelle alimentari. Il commercio, con la perdita di 670 attività (da 4446 a 3776), che ha ceduto il 15% del numero delle imprese; la manifattura con un ulteriore e pesante ridimensionamento passando da 1.680 imprese a 1.311 (–369) e la perdita record del 21,9%. Un totale di 1039 aziende artigiane che sono così sparite negli ultimi due anni dal centro.
Il Presidente ha inoltre aggiunto:
«Dall’Amministrazione Capitolina ci attendiamo adesso il superamento delle politiche sviluppatesi nell’ultimo periodo caratterizzate da divieti, ordinanze emergenziali, rivisitazione di vecchie norme. Chiediamo un confronto per ridefinire le politiche di valorizzazione delle imprese artigiane nel centro storico».
I dati della ristorazione (bar ristoranti e alberghi) rilevano invece che la perdita, almeno per ora, è più limitata: la ristorazione si riduce di 47 unità (da 2.110 a 2063) pari al -2,2%, quello dell’alloggio tradizionale come gli alberghi, registra una flessione di 39 unità (da 762 a 723) pari al 5,1%, mentre gli affittacamere, nonostante la pandemia, crescono di 42 unità (da 1408 a 1450) +2,9%. Un trend diverso, anche in questo caso migliore, riguarda i laboratori artigiani, che crescono seppure di non molto (solo 4 unità) passando nella ristorazione da 253 a 257 laboratori, ovvero + 1,9%. C’è poi il settore dei servizi alla persona (acconciatura, estetica, tatuaggi) che si riduce di 29 unità (da 618 a 589): -4,6%.

«I cambiamenti in atto», spiega il presidente di Confartigianato Roma Andrea Rotondo, «mostrano come il sistema produttivo del centro legato al turismo (ristorazione tradizionale e alloggio) sia riuscito, grazie agli sforzi degli imprenditori, ai sostegni pubblici, alle scelte di ampliare le superfici all’aperto, a resistere e a prepararsi a una nuova stagione di crescita che potrebbe verificarsi con la prossima cessazione delle misure di emergenza. A preoccupare invece sono i settori tradizionali, il commercio e la manifattura appunto, che vedono un’accelerazione della crisi già rilevata prima della pandemia. Per questo occorre ridefinire profondamente le politiche di intervento nel Centro, superando le attuali restrizioni e accompagnando il sistema a una crescita qualitativa di servizi e prodotti».
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