
La pandemia ha pesato come un macigno su una già precedente crisi economica; appena il tempo di tirare su la testa che sono arrivate l’inflazione e il caro bollette: una “congiuntura perfetta” per la fine di migliaia di imprese.
Nel centro romano si aggiunge anche il problema del caro affitti che non ha accennato a diminuire neanche in piena emergenza sanitaria.
Secondo Confartigianato Roma sarebbero circa mille le imprese artigiane che potrebbero chiudere a breve: botteghe artigiane dedite alla lavorazione di ferro, pellame, oreficeria e cibo di qualità.
“La mancanza di politiche di sostegno alle imprese manifatturiere e l’assenza di aree produttive, caratterizza Roma più come un grande mercato che come territorio produttivo” sottolinea il Presidente Andrea Rotondo, e aggiunge: “È necessario, quindi, ridefinire al più presto le scelte di politica industriale, iniziando dalla valorizzazione del Consorzio Industriale Regionale e dell’Artigianato Artistico e Tradizionale, sia a livello di territorio (distretto) che attraverso una struttura ad hoc. Dirimente, inoltre, la revisione dei procedimenti di semplificazione amministrativa e della tassazione locale”.
Le possibili soluzioni potrebbero essere individuate in azioni di regolamentazione adeguate ai diversi contesti.
Infatti, come sottolinea il Presidente Rotondo: “Le imprese singole o aggregate possono partecipare al Decoro, alla Sicurezza, ai processi di digitalizzazione della Città. Gli strumenti in campo, sono quelli già previsti dalle Leggi Regionali: i Distretti Economici Urbani (Art. 15 comma 1 punto s) della L.R. 22/2019, le Reti d’impresa (si è chiuso da poco l’ultimo bando regionale) e la conseguente approvazione di un regolamento sulla Sussidiarietà, sul modello di quello approvato dai maggiori Comuni italiani (Milano, Bologna) per favorire la partecipazione dei sistemi urbani alla gestione dei “Beni Comuni”.